Ma Roma finisce al Colosseo?

Ma Roma finisce al Colosseo?

Il ministro Franceschini e l’arena pigliatutto. Comunicato dell’Associazione Bianchi Bandinelli
La recente decisione del Ministro per i Beni e le Attività Culturali e il Turismo di destinare alla ricostruzione dell’arena del Colosseo gran parte dei finanziamenti in precedenza rivolti alla messa in sicurezza dalle infiltrazioni di acqua della Domus Aurea è di assoluta gravità e dimostra a quale stadio di innamoramento si sia giunti nei confronti di una supposta valorizzazione del nostro patrimonio.
Le opere da realizzarsi con i fondi distratti verso il Colosseo avrebbero dovuto contribuire a garantire la conservazione della Domus Aurea. Invece, da oggi si avranno opere rivolte a qualcosa che non necessariamente corrisponde all’antico aspetto del Colosseo; e che non corrisponde alla necessità di tutela del Colosseo stesso. Per abbandonarsi all’inarrestabile passione di disporre di un bel piano nuovo sul quale allestire spettacoli, si condanna alla progressiva, lenta e sicura distruzione uno dei principali monumenti della Roma antica.
Il nuovo piano dell’arena non risponde ad alcuna necessità di conservazione o di rafforzamento statico del Colosseo; non procedere ad azzerare le infiltrazioni d’acqua dai giardini soprastanti alle pareti decorate significa abbandonare a se stessa la Domus Aurea.
Inoltre a Roma non è solo la Domus Aurea bisognosa di cure. Tutto il Palatino è a rischio strutturale e idrogeologico. Necessitano di interventi l’Acquedotto Claudio nel Parco degli Acquedotti, il Ponte Rotto, l’Arco di Giano, l’Acquedotto Celimontano, le Mura Aureliane, tutti i monumenti dell’Appia Antica in proprietà pubblica e privata (S. Urbano, i mausolei dei Calventii e del Cercenii, solo per citarne alcuni).
Nel 1875 il ministro Ruggero Bonghi sostenne che da allora in poi sarebbe stata cura dei tecnici del Ministero stanziare nelle direzioni più fruttuose per la conoscenza e la salvaguardia dei monumenti della storia le risorse a disposizione. Oggi, centocinquant’anni dopo, un suo successore segue ad occhi chiusi gli obiettivi che gli impone una malintesa concezione della valorizzazione e non la sua responsabilità istituzionale di tutelare il patrimonio storico. E alcuni tecnici, ossequienti, applaudono.

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