Pensare e tutelare l’immateriale: un appello al ministro Franceschini

Pensare e tutelare l’immateriale: un appello al ministro Franceschini

L’Associazione Ranucci Bianchi Bandinelli a conclusione dei lavori del convegno ‘Pensare’ e tutelare l’immateriale: una riforma mancata (Roma, Istituto centrale per i beni sonori e audiovisivi, 28 novembre 2016) e alla luce delle novità introdotte con la recente riforma del MiBACT, tra cui l’istituzione del Servizio VI – specificamente dedicato al patrimonio immateriale – presso la Direzione generale Archeologia, belle arti e paesaggio rivolge un appello al Ministro Dario Franceschini

e chiede che, coerentemente con la ratifica da parte dell’Italia della Convenzione UNESCO per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale (2003) e della Convenzione quadro del Consiglio d’Europa sul valore dell’eredità culturale per la società (Faro, 2005)
1) vengano inseriti nel Codice dei beni culturali e del paesaggio i beni immateriali come parte integrante del Patrimonio culturale, introducendo specifiche norme di tutela e valorizzazione.
La Convenzione UNESCO 2003 infatti si riferisce propriamente al patrimonio etnoantropologico, i cui aspetti materiali e immateriali sono inseparabili in quanto espressioni di civiltà socialmente condivise che hanno dato forma nei secoli alla cultura e al territorio italiano
2) vengano riconosciute le professionalità tecnico-scientifiche dei demoetnoantropologi anche oltre la tutela dei beni culturali materiali (come già prescritto dall’art. 9-bis Codice dei beni culturali e del paesaggio), dal momento che solo i demoetnoantropologi sono le figure professionali specificamente formate e qualificate per conoscere, tutelare, valorizzare e promuovere il patrimonio culturale immateriale, in feconda collaborazione con l’università, con le istituzioni e centri degli enti pubblici territoriali, con le associazioni e le comunità locali
3) venga di conseguenza modificata l’attuale struttura organizzativa del MiBACT
a) inserendo i ruoli di tali professionalità a tutti i livelli e in particolare affidando a un demoetnoantropologo la direzione dell’Istituto centrale per la demoetnoantropologia – ICDE;
b) includendo questi specialisti negli organici dei Musei nazionali facenti parte del Museo delle civiltà, e soprattutto negli uffici periferici delle Soprintendenze e negli istituti centrali dove tali competenze sono necessarie (ICCD, ISCR, ecc.);
c) prevedendone la presenza nei Comitati tecnico-scientifici e nel Consiglio superiore dei
Beni culturali e paesaggistici.

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