Archivi e biblioteche al tempo delle fake news

Archivi e biblioteche al tempo delle fake news

Il convegno “Archivi e biblioteche al tempo delle fake news. Le biblioteche digitali come servizio alla comunità”, organizzato dalle tre associazioni AIB, ANAI e Bianchi Bandinelli, si è svolto a Roma il 21 giugno 2017 nella sala Galileo della Biblioteca della Camera dei deputati.archivio

In apertura sono state esposte dagli organizzatori le ragioni del convegno: il recente decreto del Ministro dei Beni e delle attività culturali e del turismo (DM 37/2017) istitutivo di un “Servizio per la digitalizzazione del patrimonio culturale – Digital library” che ha sollevato critiche e perplessità nel mondo degli archivi, delle biblioteche e della ricerca scientifica, ha spinto a promuovere un confronto pubblico tra esperti, utenti e decisori politici sulla natura e le finalità delle biblioteche digitali come istituti della democrazia e sulle architetture istituzionali che possono favorirne lo sviluppo.
Infatti la digitalizzazione della documentazione storica, la crescita esponenziale delle pubblicazioni correnti born-digital e le tecnologie per facilitarne reperimento, integrazione, valorizzazione, rielaborazione e riutilizzo moltiplicano le opportunità di contribuire alla produzione di nuovi saperi a beneficio di tutti, ma al contempo accrescono la responsabilità dei gestori riguardo alla qualità, alla contestualizzazione, alla neutralità e alla affidabilità dell’informazione disponibile e affinché in ambiente digitale non si generino nuove barriere all’accesso e nuove forme di esclusione.
Molto interessanti le relazioni affidate a Federico Valacchi, docente di Archivistica e all’Università di Macerata,  Roberto Delle Donne, docente di Storia medievale, Storia della storiografia medievale e Metodologia della ricerca storica all’Università degli studi di Napoli Federico I e Gino Roncaglia, docente di Informatica applicata alle discipline umanistiche ed Editoria digitale all’Università della Tuscia. Prima delle conclusioni di Claudio Leombroni, sono intervenuti fra gli altri Stefano Vitali, direttore dell’ICAR e Simonetta Buttò, direttore ICCU. Purtroppo l’assenza dell’interlocutore ministeriale Lorenzo Casini, invitato che all’ultimo momento non ha potuto partecipare, ha reso meno efficace il dibattito.  Nuove occasioni saranno ricercate in autunno, anche in funzione degli stessi temi, di grande attualità, che saranno presenti nel prossimo convegno MAB- Musei archivi biblioteche- che si terrà in novembre a Roma.
Di seguito l’intervento al convegno di Giovanna Merola per l’Associazione Bianchi Bandinelli.
 
Intervento di Giovanna Merola
1.
Poco più di dieci anni fa l’Associazione Bianchi Bandinelli organizzava un convegno dal titolo  “Archivi biblioteche e innovazione”. Nel convegno venivano messi a confronto il ruolo, le funzioni e i servizi di queste istituzioni culturali nei nuovi scenari offerti dalla crescita della società della conoscenza e dalle potenzialità delle tecnologie. Ma il leit motiv che  percorse il dibattito fu l’ennesima constatazione della scarsa attenzione data  al mondo degli archivi e delle biblioteche “a causa di riforme insufficienti e superficiali”. Forse è opportuno ricordare che l’Associazione Bianchi Bandinelli, di cui quest’anno ricorre il 25ennale dalla fondazione, ha sempre rivolto la sua attenzione- con studi e impegno militante- alla difesa e promozione dell’insieme del  patrimonio culturale italiano, concepito nella sua integrità e nella sua funzione storica, educativa e sociale, mantenendo vivo l’insegnamento di Ranuccio Bianchi Bandinelli, di Giulio Carlo Argan e di Giuseppe Chiarante, che ne fu a lungo presidente.
Nell’ottobre 2015 il Consiglio superiore dei beni culturali, maggior organo di consulenza del Mibact, approvava un documento sulle biblioteche, che esponeva con chiarezza di dettagli la difficile situazione di queste strutture, che analisi approfondite testimoniavano e recenti provvedimenti acuivano. Analoghi problemi sono stati più volte ricordati a proposito degli archivi, cosicché  ambedue questi  settori possono condividere ancora oggi, anzi oggi con maggiore evidenza, la considerazione che le recenti riforme e le recentissime proposte che emergono dall’amministrazione centrale dei beni culturali per archivi e biblioteche “non sembrano proporre alcun modello funzionale e quindi organizzativo” . Se sul piano dell’assegnazione di personale e su quello dei finanziamenti gli interventi dello scorso anno hanno dimostrato la volontà di un parziale miglioramento, non sembra invece che si possa dire altrettanto per quanto riguarda la scelta di modelli funzionali, anzi  recenti iniziative sembrano peggiorare la confusione,  proponendone di nuovi che contraddicono competenze e realizzazioni consolidate. E si tenga presente che la carenza di modelli o la modifica di  situazioni  caratterizzate da qualità e efficienza di servizi, sono guasti che si ripercuotono sull’intero patrimonio culturale, perché il sistema nazionale formato dagli archivi e dalle biblioteche del paese, a qualunque amministrazione appartengano, è strettamente connesso alla funzionalità e alla razionalità dell’organizzazione del Ministero beni culturali, responsabile dei servizi nazionali. La vitalità e la buona organizzazione degli istituti statali sono infatti una condizione necessaria per il funzionamento secondo criteri di scientificità del vasto mondo delle strutture culturali di enti locali, regioni, università, per rimanere nell’ambito pubblico.
2.
Per entrare nel tema dell’incontro odierno, la complessità degli aspetti della gestione del digitale,  non si può non rilevare  che la struttura delineata dal  recente DM 37/2017 è una ipotesi organizzativa caratterizzata, si potrebbe dire, da una sorta di  “povertà consumistica”.  Nella visione del Ministro, sembra che mettere on line le foto sia soprattutto uno strumento per promuoverne la commercializzazione; permane dunque il tentativo, più volte criticato, di forzare l’aspetto reddituale di tale attività.  Ma non è questa la finalità di biblioteche e archivi. Tali strutture per loro natura non possono avere questa priorità – ricordo ad esempio nel convegno sopra citato che Paolo Leon mise in guardia sulla difficoltà di calcolare le utilità non monetarie di quelle che definiva funzioni pubbliche non negoziabili- . Al tempo stesso con questo decreto si crea una nuova struttura e delle nuove titolarità, rischiando di innovare ricominciando da capo. Si tralascia l’attenzione ad aspetti del sistema del digitale quali i contenuti, i nuovi diritti, le condizioni di utilizzo, la conservazione.  E’ sintomatico, ad esempio, che la parola rete non figura in nessuno dei comunicati ministeriali sulla Digital Library della cultura italiana, alla quale sono stati dedicati consistenti finanziamenti. Inoltre con lo stesso decreto il coordinamento dell’attività di digitalizzazione viene affidato all’ICCD. Anche l’idea, che si sente circolare, di affidare ad una direzione generale la gestione di tutti i sistemi informativi e i progetti di digitalizzazione del ministero, a mio parere aumenterebbe farraginosità ed inefficienze.
Eppure la rete Sbn dell’ICCU,  che serve oltre 6000 biblioteche, l’ICAR con le sue banche dati, tutte le numerose iniziative di digitalizzazione che fanno capo a archivi e biblioteche,  gli standard e le linee guida nazionali elaborati dai due istituti centrali citati, costituiscono un patrimonio di esperienze, competenze, informazioni e dati di notevole peso scientifico. E, per quanto riguarda l’aspetto comunicativo, si deve riscontrare il forte successo di pubblico, nazionale e internazionale, di queste realtà e la convergenza su di esse di istituzioni ed enti, anche dipendenti da altri Ministeri, di altri soggetti pubblici e privati, nazionali e internazionali, come università ed enti di ricerca, biblioteche scolastiche, biblioteche di altre amministrazioni statali, Regioni ed enti locali, istituzioni ecclesiastiche, ecc.
3.
Purtroppo  negli ultimi tempi le figure tecniche del Mibact sono state messe in disparte e le scelte organizzative  sembrano  ignorare le realizzazioni ottenute da anni di lavoro e di finanziamenti delle strutture tecniche: non appare significante quella che era una caratteristica originale del Ministero, cioè l’autonomia scientifica, che pure ha dato i suoi frutti nel campo degli archivi e delle biblioteche. Ricordiamo ancora una volta, e mi scuso di ripetere cose già analizzate dagli addetti ai lavori e dagli studiosi della materia, che sistemi informativi e digitalizzazioni non sono altra cosa rispetto al lavoro archivistico e di biblioteca, ne sono parte integrante : le biblioteche e gli archivi hanno acquisito con l’avvento e lo sviluppo del digitale, funzioni e ruoli più ampi, che vanno dalla realizzazione di nuove modalità di fruizione, di conservazione, di organizzazione di servizi  e di comunicazione, alla guida all’uso consapevole delle informazioni- il tema che abbiamo posto nel titolo del nostro incontro- . Verificare, approfondire, orientare: le funzioni tradizionali del servizio pubblico di archivi e biblioteche costituiscono nella società digitale obiettivi irrinunciabili. Questo soprattutto se pensiamo, come ha più volte scritto Tullio De Mauro, che una parte consistente della popolazione del nostro paese è costituita da persone che non sono nelle condizioni di leggere, ad esempio,  un giornale.
Stiamo molto attenti quindi a come far partire  “l’acquedotto digitale” invocato nel comunicato dell’ICCD, e soprattutto a collocarlo,  vorrei dire per continuare nella metafora, là dove ci sono le sorgenti, dove queste acque sono state raccolte, guidate e incanalate secondo principi e metodi tecnico scientifici, e rese disponibili da tempo, con investimenti umani e finanziari notevoli e risultati già ben visibili.
 

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